Gli anni Sessanta
Gli anni sessanta ampliano enormemente il vocabolario musicale a disposizione dei compositori. La forma di ogni opera è nuova, nata spesso insieme all’opera stessa. Le tecniche strumentali vengono portate agli estremi, e si può parlare con buone ragioni di musica sperimentale.
Grazie alla ventata di novità portata in Europa da John Cage, l’alea e l’indeterminazione entrano a far parte dei materiali utilizzabili in fase di composizione e di interpretazione. La Trosième sonate pour piano di Boulez, il Mobile di Henri Pousseur, Quadrivium e Aura di Bruno Maderna sono “opere aperte” (secondo la felice definizione di Umberto Eco), parzialmente ricomponibili dall’interprete.
Se Cage fa derivare dal misticismo dell’Estremo Oriente la sua poetica dell’indeterminazione e dell’ascolto, alla filosofia indiana del tempo attingono Terry Riley e LaMonte Young, padri del minimalismo, le cui opere, spesso prive di un evidente punto di inizio e di fine, sconvolgono la concezione tradizionale di ritmo e durata.
Questa decostruzione della forma tradizionale raggiunge forse il culmine, come osservavano alcuni critici al momento della prima, con Atmosphères di György Ligeti, un brano attraversato da una micropolifonia così fitta da risultare in una fascia sonora brulicante e luccicante (questo modo di comporre sarà da alcuni definito musica atmosferica, proprio in conseguenza del titolo di quest’opera). Ligetiimpiega la micropolifonia anche in altre opere, come Lux Aeterna e Lontano.
Il nuovo modo di comporre richiede anche il ricorso a tecniche strumentali inedite, come modi di emissione particolari dei fiati e degli archi, arco sul ponticello, armonici, multifonici eccetera. Un campionario esemplare di nuovi suoni è contenuto nelle opere del periodo di Krzysztof Penderecki, in particolare in lavori quali De natura sonoris, Anaklasis, Utrenja. Nella Trenodia per le vittime di Hiroshima, la parte dei 52 strumenti ad arco non è più scritta in notazione tradizionale, ma in fasce, in cui spesso è data solo un’indicazione di massima dell’altezza.
In Italia ha il via quella che Mario Bortolotto definisce in un suo famoso libro la “Fase seconda” della Nuova Musica, con autori quali Luigi Nono, Luciano Berio, Bruno Maderna, Sylvano Bussotti, Aldo Clementi, Franco Donatoni, Niccolò Castiglioni, Franco Evangelisti, con il supporto autoriale e culturale di Franco Nonnis. Spesso formatisi a Darmstadt, oppure influenzati dai contatti con i musicisti americani residenti a Roma, i compositori italiani tornano protagonisti della scena mondiale, dando vita a Palermo alla prima rassegna di respiro internazionale.
…da Wikipedia (riassunto)